Palestina – Esecutivo minacciato e sotto pressione, dopo la recente domanda di adesione alla Corte Penale Internazionale

Elaborazione da fonte: Fares Chahine, in El Watan, le 08.01.15 | 10h00

La Palestina diventerà ufficialmente membro della Corte Penale Internazionale il 1° aprile prossimo, ha detto martedì scorso da New York il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Dopo il fallimento della risoluzione arabo-palestinese, che alla fine di dicembre 2014 aveva chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la fine dell’occupazione israeliana entro la fine del 2017, la dirigenza palestinese ha finalmente utilizzato la carta dell’adesione alla Corte Penale Internazionale, sostenuta da tutte le forze palestinesi, compreso Ḥamās, il movimento rivale di Fataḥ guidato da Maḥmud ‘Abbās (nella foto sopra tratta da Nigerian Current).

Questa adesione alla Corte Penale Internazionale dell’Aja (la sede nella foto sotto), che attiva la possibilità di giudicare i responsabili israeliani per crimini di guerra, ha fatto arrabbiare Israele e il suo principale alleato, gli Stati Uniti.

Dal giorno dopo la decisione palestinese di presentare la domanda di adesione a questa importante autorità giuridica internazionale, il Primo Ministro israeliano Binyamin Netanyahu ha avviato una serie di sanzioni contro la dirigenza palestinese, di cui la prima è il congelamento del trasferimento delle imposte sulle merci palestinesi che transitano dai porti e dagli aeroporti israeliani. Stimato a più di 130 milioni di dollari, questo denaro è utilizzato per pagare, in gran parte, gli stipendi dei dipendenti civili e militari dell’Autorità Palestinese. Una conseguenza diretta di questa misura arbitraria è che fino ad oggi le retribuzioni di dicembre 2014 per 150.000 funzionari non sono stati pagati. Più di 150.000 famiglie dipendono da questi stipendi.

Il congelamento del trasferimento di denaro palestinese riscosso da Israele secondo gli accordi commerciali di Parigi, nel quadro degli Accordi di Oslo che regolano i rapporti tra Israele e l’Autorità Palestinese, è stato criticato sia da parte dell’Unione Europea sia dagli Stati Uniti, che, tuttavia, hanno minacciato di ridurre per lo stesso motivo i loro aiuti finanziari all’Autorità Palestinese. Gli aiuti degli Stati Uniti sono stimati a più di 400 milioni di dollari l’anno.

La nuova misura israeliana, che si aggiunge a quelle che da molto tempo avvelenano la vita del popolo palestinese, fa parte delle pressioni esercitate sulla dirigenza palestinese per spingerla a fare concessioni politiche su alcune questioni essenziali per la causa palestinese.

Durante la cena di Natale con i leader religiosi della comunità cristiana ortodossa palestinese a Betlemme, nella Cisgiordania occupata, il Presidente Maḥmud ‘Abbās ha parlato delle minacce e delle pressioni esercitate sull’Esecutivo palestinese per aver osato chiedere l’adesione della Palestina alla Corte Penale Internazionale. “L’Esecutivo palestinese è sotto pressione e minaccia a partire dalla recente domanda di adesione alla Corte Penale Internazionale” ha detto il Presidente ‘Abbās. “La nostra politica è quella di muoversi verso la comunità internazionale e la diplomazia per ottenere i nostri diritti e il diritto all’autodeterminazione per questo popolo che vive da più di 60 anni sotto occupazione” ha aggiunto il Presidente palestinese.

A Gaza le conseguenze dell’ultima guerra israeliana dell’estate 2014 sono terribili. La situazione è catastrofica anche a causa del blocco israelo-egiziano. Non è stata ancora avviata la ricostruzione di quello che la macchina da guerra israeliana ha demolito. Decine di migliaia di famiglie sono senza casa e oggi vivono in condizioni molto difficili, soprattutto con l’arrivo della depressione atmosferica Houda, caratterizzata da un freddo siberiano, forti venti, piogge torrenziali e nevicate, che da martedì stanno colpendo la Striscia di Gaza e la Cisgiordania occupata.

Questa situazione drammatica è esacerbata dalla mancanza di energia. La corrente elettrica è razionata. A Gaza è disponibile solo per 4-6 ore al giorno. L’enclave palestinese, dice Muṣṭafā al-Barġūthī, Segretario Generale del movimento nazionalista al-Mubadara al-Wataniyya al-Filiṭīiniyya (Iniziativa Nazionale Palestinese), vive “la peggiore fase della sua storia dal 1948”.

La dirigenza palestinese, che prevede di riprendere l’offensiva diplomatica nel Consiglio di Sicurezza per far valere il diritto della Palestina all’indipendenza a breve, non può fronteggiare le minacce israelo-americane senza un reale sostegno della nazione araba e in particolare degli Stati del Golfo, che detengono un potere finanziario.

Infine, la situazione attuale caratterizzata dalla cessazione del processo di pace, l’intransigenza israeliana su questioni chiave, quali l’arresto della colonizzazione e il rifiuto di restituire ai Palestinesi la Città Santa di al-Quds (Gerusalemme, occupata e annessa nel 1967) come parte della soluzione dei due Stati indipendenti, non lasciano molta scelta al Presidente Maḥmud ‘Abbās, che rifiuta comunque quella della lotta armata.

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