Iraq – Avanti Coalizione di al-Mālikī, ma difficile formazione del prossimo governo

L’attuale Primo Ministro iraqeno Nūrī al-Mālikī e il suo blocco elettorale hanno conquistato il maggior numero di voti nelle recenti elezioni generali. Tuttavia, è improbabile che questo sia sufficiente per formare un governo

Elaborazione da fonte: iraq-business news, 24 May 2014

La Coalizione conservatrice sciita al-I’tilāf Dawlat al-Qānūn (Stato di Diritto), guidata dal Primo Ministro Nūrī al-Mālikī (nella foto), è riuscita a conquistare il maggior numero di voti, nonostante le molte critiche ricevute nel corso degli ultimi due anni. Al-Mālikī e i suoi colleghi della Coalizione dispongono di 92 seggi sui 328 del Parlamento, se i più recenti numeri diffusi dall’Alta Commissione Elettorale Indipendente rimarranno gli stessi quando i risultati ufficiali definitivi saranno annunciati tra qualche giorno.

La coalizione guidata da al-Mālikī è seguita a distanza da altri due gruppi sciiti: il Muwatin (Cittadini), blocco guidato da Sayyed Ammar al-Ḥākim del Majlis al-A’ala al-Islami al-’Iraqi (Consiglio Supremo Islamico d’Iraq), che ha avuto 29 seggi; e il blocco Ahrār (Uomini Liberi), che è strettamente associata con il movimento di Muqtadā aṣ-Ṣadr, che ha ottenuto 28 seggi.

I partiti sunniti sono ancora più indietro: il blocco Muttahidun (Uniti per le Riforme), guidato da ʾUsāma ‘Abdul-Aziz an-Nujayfi, uno dei più importanti uomini politici sunniti del Paese, che ha ottenuto 23 seggi; il blocco guidato dall’ex Primo Ministro Iyād ʿAllāwī‎, che ha un programma meno confessionale, oggi con 21 seggi; e i nazionalisti di I’tilāf al-Arabiyya (Colazione Araba), guidati dal Vice Primo Ministro Saleh Muḥammed al-Mutlaq, che conquista almeno 10 seggi.

I politici sunniti in Iraq stanno già attribuendo il loro declino al fatto che molti Sunniti erano o si sono sentiti privati dei diritti di voto, a causa dell’emarginazione della propria confessione da parte di al-Mālikī, o sono stati vittime di violenza nella Provincia prevalentemente sunnita di Anbar. Decine di migliaia sono sfollati e altri semplicemente non sono stati in grado di votare, a causa di una rivolta antigovernativa in atto e i conseguenti problemi di sicurezza nelle loro città di origine.

Nel frattempo, un altro gruppo principale del Paese, i Curdi iraqeni, ha conquistato complessivamente un totale di 55 seggi. Sebbene a livello regionale i tre principali partiti curdi iraqeni siano fortemente in competizione tra di loro (avendo dovuto formare il proprio governo regionale dopo le elezioni locali), a livello nazionale sembrano aver deciso di presentare un fronte unito. Una recente riunione dei rappresentanti dei tre maggiori partiti curdi iraqeni ha confermato che tutti vogliono liberarsi di al-Mālikī.

Tutto ciò significa che il seguito sarà difficile. La legge iraqena precisa che non è il partito che ha conquistato il maggior numero di voti a decidere come sarà formato il prossimo governo. Questo spetta al gruppo di partiti politici che formano la più grande coalizione in Parlamento. Dopo le elezioni del 2010 ci sono voluti mesi di discussioni e mercanteggiamenti perché il governo fosse formato. Molti ritengono che la stessa cosa accadrà di nuovo ed alcuni pessimisti stanno anche scommettendo su un governo “non ufficiale” di oltre 12 mesi.

Inoltre, i negoziati in corso sono resi più complessi a causa delle varie crisi in atto, non solo la violenza in corso in Anbar, ma anche i problemi finanziari ed economici dovuti ai ritardi nell’approvazione del bilancio nazionale. E, tralasciando i Curdi iraqeni, ci sono molte lotte intestine all’interno dei vari gruppi politici di ispirazione confessionale, che renderanno ancora più difficile l’accordo.

Più significativamente, i partiti sciiti sono ora divisi; in precedenza agivano di concerto. Ma, nel corso degli ultimi anni, i leader del movimento popolare şadrista, rappresentato in politica dal blocco Ahrār, e il Consiglio Supremo Islamico d’Iraq, che è rappresentato dal blocco Muwatin, hanno espresso la loro contrarietà ad al-Mālikī.

Muqtadā aṣ-Ṣadr, il leader spirituale dei şadristi, è stato palese e duro nella sua critica, mentre Ammar al-Ḥākim, del Consiglio Supremo Islamico, è stato più prudente. Al-Mālikī aveva affermato che aṣ-Ṣadr è troppo giovane e inesperto in politica. Il problema per al-Mālikī è però che i suoi due ex alleati sono vicini e apparentemente entrambi concordano sul fatto che non gli dovrebbe essere affidato un altro mandato.

I politici sunniti sono della stesso avviso. Ma all’interno dei principali blocchi sunniti ci sono alcuni conflitti. Ad esempio, i partiti sunniti con la maggioranza dei seggi – quelli di Nujayfi e al-Mutlaq – possono trovare difficile convincere il gruppo di ʿAllāwī‎ ad unirsi a loro, perché quest’ultimo ritiene che i primi lo abbiano tradito dopo le elezioni del 2010, lasciandolo per formare i propri partiti, effettivamente dividendo il blocco sunnita. Inoltre, al-Mutlaq è considerato da molti Sunniti come troppo vicino ad al-Mālikī.

Quindi, cosa succederà dopo? E come sceglieranno il prossimo Primo Ministro questi vari e travagliati raggruppamenti politici?

Sarà dura. Per prima cosa, la Coalizione di al-Mālikī sembra valutare i propri 92 seggi come sufficienti per supportare il prossimo mandato del proprio leader da Primo Ministro. Si dice anche che tutti i partiti contrari possano cooperare per assicurare che al-Mālikī sia rimosso dal potere – che vorrebbe dire una  coalizione trasversale sia dal punto di vista confessione che etnica, unita in un unico desiderio. E, a quanto pare, ci sono stati colloqui tra i vari attori su questa eventualità e circa la possibilità di eleggere un leader appartenente ad Muwatin di al-Ḥākim. Tuttavia, sarebbe comunque difficile da raggiungere, perché ignorerebbe i 92 seggi della Coalizione di Mālikī, per non parlare di quello che un esperto iraqeno descrive come il “salto di qualità psicologica” richiesto a tutti gli attori.

Un altro scenario prevede di nominare qualcuno proprio della Coalizione di Mālikī per sostituire lui, qualcuno che fosse accettabile per i nemici dell’attuale Primo Ministro, ma che gli fosse anche vicino.

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