Yemen – Una guerra complicata e impossibile da vincere. Donald Trump dovrebbe restarne fuori

La prima operazione anti-terrorismo dell’Amministrazione Trump è stata un fallimento per gli Stati Uniti e molto peggio per gli abitanti del villaggio yemenita che sono morti, feriti, senzatetto e hanno visto ucciso il loro bestiame, da cui dipendevano per la loro sussistenza

di Patrick Cockburn*

Libera traduzione da The Independent, March 10th, 2017, http://www.independent.co.uk/voices/yemen-war-donald-trump-us-military-iran-middle-east-isis-counter-terror-operation-william-owens-seal-a7622471.html

L’Amministrazione Trump sta facendo il suo primo cambiamento radicale della politica in Medio Oriente, intensificando il coinvolgimento americano nella guerra civile in Yemen. Distrutto da anni di conflitto, lo sfortunato Paese sarà presumibilmente il luogo in cui gli Stati Uniti inizieranno ad affrontare ed esautorare l’influenza iraniana da tutta la regione.

A questo scopo, gli Stati Uniti stanno aumentando il supporto militare all’Arabia Saudita, agli Emirati Arabi Uniti e agli alleati yemeniti locali, nel tentativo di rovesciare gli ūthi – un forte movimento sciita militarizzato dello Yemen settentrionale – che combatte al fianco di gran parte dell’esercito yemenita rimasto fedele all’ex Presidente `Alī ‘Abdullāh Saleh.

Se mai ci fosse una guerra complicata e impossibile da vincere da cui tenersi fuori, è proprio questa.

Nonostante le accuse saudite, esistono poche prove che gli ūthi ottengano più che un retorico sostegno da parte dell’Iran e questo è di gran lunga inferiore a quello che l’Arabia Saudita riceve da Stati Uniti e Gran Bretagna. Non c’è alcun segnale che il bombardamento aereo a guida saudita, in corso da due anni, romperà decisamente la situazione di stallo militare. Tutto ciò che l’intervento saudita ha ottenuto finora è quello di condurre lo Yemen vicino ad una totale carestia. “Sette milioni di Yemeniti sono sempre più vicini alla fame”, ha detto Jamie McGoldrick, il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per lo Yemen, in un appello di questa settimana per maggiori aiuti.

Ma nel momento stesso in cui l’ONU avverte sulla calamità che lo Yemen sta affrontando, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha dato il permesso per una ripresa della fornitura di armi teleguidate di precisione all’Arabia Saudita. Queste vendite erano state sospese lo scorso ottobre dal Presidente Obama, dopo che velivoli sauditi avevano bombardato un funerale nella capitale Ṣan‘ā’, uccidendo più di 100 persone in lutto. Da quando l’Arabia Saudita ha iniziato la sua campagna di bombardamenti a marzo 2015, gli Stati Uniti stanno rifornendo i suoi aerei e dispongono di consiglieri presso la sede operativa saudita. Perché la vendita di armi vada avanti, è necessario il permesso della Casa Bianca.

Un elemento bizzarro nella decisione di Trump di adottare l’offensiva contro l’Iran in Yemen è che gli Iraniani forniscono ben poco aiuto finanziario e militare agli ūthi. La propaganda saudita, spesso rilanciata dai media internazionali, parla degli ūthi come “appoggiati dall’Iran”, ma lo Yemen è quasi interamente tagliato fuori dal mondo esterno da parte delle forze saudite di terra, di aria e di mare.

Perfino le importazioni di prodotti alimentari, dalle quali gli Yemeniti dipendono interamente, si fanno sempre più difficili attraverso il porto semi-distrutto di udaida, sulla costa occidentale.

La ripresa della fornitura di munizioni con guida di precisione non è la prima indicazione che l’Amministrazione Trump consideri lo Yemen come un buon posto per rendere operativa una strategia più aggressiva nella regione. Il 29 gennaio, giorni dopo il suo insediamento, Trump ha inviato circa 30 membri della US Navy Seal Team 6 [il Gruppo Speciale di Sperimentazione Tecniche di Guerra Navale degli Stati Uniti, N.d.T.], appoggiati da elicotteri, per attaccare un povero villaggio chiamato al-Ghayil della provincia di al-Bayḑā’, nel sud dello Yemen. Lo scopo dell’incursione, secondo il Pentagono, era la raccolta di informazioni – per quanto possa anche essere stato un tentativo fallito di uccidere o catturare Qāsim ar-Raymi, il Capo di al-Qāʿida nella Penisola Arabica.

Qualunque fosse il fine dell’attacco, si è rapidamente trasformato in un fiasco sanguinoso, con almeno 29 civili uccisi ad al-Ghayil assieme a un Seal, il sottufficiale William Owens. La spiegazione del Pentagono di quanto accaduto sembra molto simile ad analoghi tentativi di giustificare civili uccisi e feriti nel corso dell’ultimo mezzo secolo in Vietnam, Afghanistan e Iraq. Il Gen. Joseph Votel, Capo del Comando Centrale delle Forze Armate USA, ha detto in un’audizione al Senato che nell’incursione potrebbero essere morti tra 4 e 12 civili, aggiungendo che “un esaustivo esame successivo all’azione” non aveva rilevato incompetenza, scarso processo decisionale o cattivo giudizio.

Da parte sua, l’Amministrazione Trump ha cercato di impedire ogni indagine su quanto realmente accaduto ad al-Ghayil, dicendo che un’inchiesta sarebbe un affronto alla memoria di William Owens, il Seal caduto. Questo atteggiamento è stato rapidamente criticato da Bill Owens, il padre del defunto, che ha detto che il governo deve un’inchiesta a suo figlio. “Non nascondetevi dietro la morte di mio figlio per evitare un’indagine”, ha detto.

Sull’evento, la Casa Bianca e il Pentagono hanno finora coperto con discreto successo ogni reale esame sulla distruzione di questo remoto villaggio yemenita, forse calcolando che nessun giornalista indipendente potrebbe affrontare il pericoloso viaggio verso il sito dell’attacco. Ma un lungo rapporto proprio da quel sito di Iona Craig, intitolato “La morte ad al-Ghayil” e che appare sulla rivista d’inchiesta on-line The Intercept, confuta in modo convincente la versione ufficiale degli eventi, di cui poco sembra essere vero.

La Craig cita superstiti del villaggio che hanno detto che la squadra dei Seals era finita sotto un pesante fuoco sin dall’inizio e che erano stati inviati elicotteri d’attacco. Scrive: “In quello che sembrava essere un cieco panico, gli elicotteri hanno bombardato l’intero villaggio, colpendo oltre una dozzina di edifici, radendo al suolo abitazioni in pietra in cui le famiglie dormivano e annientando più di 120 capre, pecore e asini”. Almeno 6 donne e 10 bambini sono stati uccisi nelle loro case da proiettili che squarciavano i tetti di paglia e legno o sono stati falciati mentre correvano verso lo spazio aperto.

L’Amministrazione Trump dice che è stata “un’operazione di grande successo” e che c’è stato un assalto a un compound fortificato – salvo il fatto che nel villaggio non ci sono tali complessi. Trump ha sostenuto che è stata ottenuta una “grande quantità di informazioni vitali” e il Pentagono ha diffuso filmati da al-Ghayil, solo per ammettere in seguito che le riprese esistevano già da 10 anni e non contenevano nulla di nuovo.

Ironia della sorte, gli abitanti del villaggio che hanno combattuto contro la squadra dei Seals appartenevano in realtà alle forze contrapposte agli ūthi e alle forze pro-Saleh e, la notte dell’assalto, “uomini armati della zona hanno creduto che fossero arrivati gli ūthi per catturare il loro villaggio”. È stato solo quando hanno visto luci laser colorate provenienti dalle armi della forza d’attacco che si sono accorti che stavano combattendo contro gli Americani. Quando i Seals si sono ritirati, contando un morto e due feriti gravi, l’MV-22 Osprey [un convertiplano ad uso militare prodotto dalla Bell, N.d.T.] che stava per prelevarli è precipitato e ha dovuto essere distrutto da altri aerei USA.

La prima operazione anti-terrorismo dell’Amministrazione Trump è stata un fallimento per gli Stati Uniti e molto peggio per gli abitanti del villaggio yemenita che sono morti, feriti, senzatetto e hanno visto ucciso il loro bestiame, da cui dipendevano per la loro sussistenza. Ma quando John McCain, che dirige il Comitato del Senato per le Forze Armate, ha detto che l’incursione è stata un fallimento, il senatore è stato immediatamente denunciato da Trump, il quale ha affermato che Owens “è morto durante una missione vittoriosa” e che discutere il suo risultato sarebbe “solo incoraggiare il nemico”.

La copertura dei media internazionali tende a concentrarsi sulle guerre in Siria e in Iraq, ma in quei Paesi Trump e il Pentagono stanno in gran parte seguendo le politiche e i piani di Obama.

È in Yemen che le nuove politiche stanno cominciando ad emergere, mentre l’Amministrazione Trump realizza la sua prima operazione antiterrorismo contro al-Qāʿida – se questo era – portando al massacro dei civili e a un fallito insabbiamento. Quella in Yemen potrebbe presto essere associata a quelle in Afghanistan e Iraq come guerre in cui gli Stati Uniti si augurerebbero di non essere mai stati coinvolti.

 

Scrittore pluri-premiato di The Independent, è specializzato in analisi su Iraq, Siria e guerre in Medio Oriente. Nel 2014 aveva previsto l’ascesa dello Stato Islamico prima che fosse conosciuto e ne ha scritto molto a riguardo, oltre che interessarsi ad altri attori della regione. È nato a Cork nel 1950, ha frequentato la scuola in questa città e in Scozia, ha ottenuto la sua prima laurea al Trinity College di Oxford e ha lavorato presso l’Istituto di Studi Irlandesi della Queens University di Belfast, prima di dedicarsi al giornalismo nel 1978. Ha lavorato al Financial Times, trattando il Medio Oriente, ed è stato poi corrispondente da Mosca. È giunto a The Independent nel 1990, trattando la Prima Guerra del Golfo da Baġdād, e da allora ha scritto ampiamente sul Medio Oriente.

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