Sudan – La Russia e il Mar Rosso

di Kester Kenn Klomegah*

Questo articolo è stato scritto prima che gli scontri del 15 aprile scorso portassero a quella che già viene definita la Terza Guerra Civile sudanese. Dunque, l’argomento non è l’evoluzione degli eventi in corso, né tantomeno, come è oggi costume, il giudizio su chi siano i buoni e chi i cattivi. Islamic World Analyzes propone questa analisi che contribuisce in parte ad individuare i fattori alla base di una destabilizzazione che non nasce certo qualche giorno fa. Motivi geopolitici sono, come al solito, le ragioni di una contrapposizione apparentemente tutta interna al popolo sudanese. Questa rivisitazione di alcuni elementi della recente storia potrebbe essere utile all’interpretazione dei fatti correnti.

Libera traduzione da: Eurasia Review, 14 febbraio 2023

È noto che i Russi siano estremamente lenti nell’intraprendere vari progetti di sviluppo in tutta l’Africa e questo approccio politico è stato documentato nel “Rapporto analitico sulla situazione: Russia e Africa”, presentato pubblicamente nel novembre 2021. La Russia, già da molto tempo, ha sviluppato un profondo interesse per la costruzione di una base navale e relativa struttura militare nella Repubblica del Sudan grazie alla sua posizione geostrategica. L’incontro del Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov con i funzionari sudanesi durante la sua visita di febbraio nel Paese dell’Africa nord-orientale non è stato, a quanto pare, il primo da quando per la prima volta si è posta la questione di stabilire una base navale in Sudan.

I Paesi occidentali sono preoccupati per la crescente influenza della Russia nel Sahel africano e nelle sue regioni di confine. Il Consiglio Militare dominante in Sudan [Consiglio Sovrano, disciolto e successivamente ristabilito a seguito dei colpi di stato di ottobre e novembre 2021, N.d.T.] aveva precedentemente considerato di consentire alla Russia di aprire una base navale sulla costa del Mar Rosso, una regione strategica su cui anche i Paesi del Golfo e la Turchia si contendono l’influenza. Lavrov ha riconosciuto l’esistenza di compagnie minerarie russe che operano in Sudan e ha detto che in precedenza era stato raggiunto l’accordo su una base navale, ma era in attesa che la legislazione sudanese lo attuasse. Un simile accordo era stato raggiunto sotto ‘Omar el-Bashir, che fu rovesciato durante la rivolta del 2019.

Prima del suo rovesciamento, ‘Omar el-Bashir aveva compiuto un ennesimo viaggio a Mosca nel novembre 2017. Durante questa visita ufficiale, erano stati raggiunti accordi sull’assistenza della Russia nella modernizzazione delle Forze Armate sudanesi. All’epoca, Kharṭūm aveva anche affermato di essere interessata a discutere con Mosca la questione dell’utilizzo delle basi sul Mar Rosso. Quella proposta, dopo varie discussioni e negoziazioni, aveva spinto Mosca a firmare un documento sulla possibilità di costruire una base navale nella regione, lungo il Mar Rosso e l’Oceano Indiano.

Il Mar Mediterraneo è un incrocio di tre continenti e delimitato da una grande diversità di Paesi e culture. Scendendo ulteriormente dalla costa del Maghreb al Sudan, Eritrea, Etiopia e Somalia, ci sono molti interessi concorrenti all’interno dei Paesi dell’U.E., in particolare Francia e Germania, e del mondo arabo. Tuttavia, la Russia si presenta come un partner strategico adatto e affidabile per costruire una base navale straniera e controllare quella rotta marittima.

Secondo l’ordine esecutivo, il documento pubblicato afferma “di approvare un accordo tra la Federazione Russa e la Repubblica del Sudan sulla creazione di una struttura della Marina della Federazione Russa nel territorio della Repubblica del Sudan” e autorizza inoltre “il Ministero della Difesa della Russia a firmare il suddetto accordo a nome della Federazione Russa”.

I Presidenti di Russia e Sudan, Vladimir Putin e ‘Omar el-Bashir, protagonisti del negoziato sulla creazione di una base militare russa sul Mar Rosso il 23 novembre 2017

Il documento prevede che nella base logistica navale possano sostare al massimo quattro navi da guerra, comprese “navi militari con sistema di propulsione nucleare, a condizione che osservino le norme di sicurezza nucleare e ambientale”.

Secondo il sito web del Cremlino, quel documento presentato dal Ministero della Difesa russo, [è stato] approvato dal Ministero degli Esteri, dalla Corte Suprema, dall’Ufficio del Procuratore Generale, dal Comitato Investigativo della Russia e dal Governo Russo. Come afferma il documento, la struttura logistica della Marina russa in Sudan “soddisfa gli obiettivi di mantenere la pace e la stabilità nella regione, è difensiva e non è diretta contro altri Paesi”.

Il Ministro degli Esteri del Sudan Mariam aṣ-Ṣādiq al-Mahdī [figlia del due volte Primo Ministro Sayyid aṣ-Ṣādiq al-Mahdī, N.d.T.], dopo i colloqui a Mosca con Lavrov, ha accolto la ratifica del documento sia da parte della Duma di Stato della Federazione Russa sia dell’Assemblea Nazionale del Sudan. Successivamente, il 1° luglio, il Presidente della Russia Vladimir Putin ha presentato alla Duma di Stato per la ratifica un accordo sulla costruzione di una base navale russa in Sudan. In precedenza, durante un incontro con Vladimir Putin nel 2017, il Sudan aveva annunciato la sua decisione di emendare l’accordo di 25 anni che era stato mediato per la prima volta dal leader poi estromesso ‘Omar el-Bashir, per stabilire una base navale russa a Port Sudan, sulla costa del Mar Rosso.

Dopo l’incontro del 2017, però, il progetto non era partito subito. Significava che la Russia avrebbe fatto un enorme passo avanti stabilendo una base navale in Sudan. Ci si aspettava che segnasse in modo distintivo la sua presenza nel settore della sicurezza marittima nel Mediterraneo e nella regione del Mar Rosso. Condividendo il confine settentrionale con l’Egitto, il Sudan si trova sulla stessa linea costiera strategica lungo il Mar Rosso. Gli esperti intervistati mi hanno detto che la Russia ha bisogno sia del Sudan (Africa nord-orientale) sia dell’Egitto (via di collegamento con il Maghreb) per avere una forte influenza nella regione.

L’isola di Suakin

Durante il primo vertice Russia-Africa tenutosi a Sochi nel 2019, il Presidente Vladimir Putin aveva avuto colloqui di lavoro con il Presidente del Consiglio Sovrano del Sudan, ʿAbd al-Fattāḥ ʿAbd ar-Raḥmān al-Burhān. Alludendo ai precedenti anni di ‘Omar el-Bashir, Putin aveva osservato che “il Sudan è certamente uno dei nostri partner affidabili di lunga data”.

Con gli eventi politici interni in corso in loco, Putin aveva affermato che “la firma della Dichiarazione Costituzionale, la formazione del Consiglio Sovrano e l’istituzione di un governo di transizione sono i primi passi volti a portare il Paese sulla via dello sviluppo sostenibile. Ci sono ancora molti compiti da svolgere. Intendiamo continuare a fornire tutti gli aiuti e il supporto necessari per la normalizzazione della situazione”.

ʿAbd al-Fattāḥ al-Burhān aveva risposto: “Le nostre relazioni hanno una lunga storia: 60 anni fa hanno iniziato a svilupparsi e voi avete sempre sostenuto il Sudan, siete sempre stati dalla parte del Sudan e sappiamo sempre che la Russia è al fianco dei Paesi che lottano per i propri diritti, per la giustizia. Vorremmo dirvi che i cambiamenti in Sudan sono positivi. Stanno accadendo in modo positivo e sono coronati da successo. Oggi le Forze Armate e le forze della coalizione svolgono un ruolo importante in questi eventi e vogliono costruire il futuro del Sudan”.

Aveva aggiunto: “Come Lei ha già accennato nel Suo intervento, le nostre relazioni si stanno sviluppando e queste relazioni bilaterali si basano su diversi accordi. Ci auguriamo che firmeremo nuovi documenti e accordi di cooperazione e che ci aiuterete, in particolare, a rafforzare le nostre Forze Armate”, aveva affermato il leader sudanese. E aveva concluso: “Abbiamo molti punti in comune, come la cooperazione negli investimenti. Collaboriamo anche nei forum internazionali e condividiamo posizioni comuni su molti problemi internazionali”.

Ora la condizione chiave necessaria per implementare la base navale militare, come mostrato nelle discussioni ufficiali e riportato sul sito web del Ministero, è una transizione dal potere militare a quello civile in Sudan. La Russia deve attendere l’approvazione legislativa del Sudan per la prevista base navale sul Mar Rosso. L’accordo già firmato necessita di ratifica. E la ratifica sarà fatta solo dopo la formazione di un governo civile e di un organo legislativo.

Anche il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov lo aveva affermato durante la conferenza stampa congiunta: “L’accordo necessita ancora della ratifica da parte dell’organo legislativo sudanese ancora da formare” – un’indicazione che deve esserci un organo civile ben costituito. Il Sudan è rimasto senza Assemblea Nazionale da quando una rivolta popolare ad aprile 2019 ha imposto il rovesciamento militare dell’autocrate di lunga data ‘Omar el-Bashir. Il Paese è impantanato nel caos politico da quando un colpo di stato militare dell’ottobre 2021 ha fatto deragliare la sua breve transizione verso la democrazia.

Nel febbraio dello scorso anno, il Generale Muḥammad Ḥamdān Dagalo, Comandante delle potenti Forze paramilitari di Supporto Rapido, aveva avuto colloqui con alti funzionari russi a Mosca. Al suo ritorno dal viaggio di una settimana, Dagalo aveva affermato che il suo Paese non aveva obiezioni verso la Russia o a qualsiasi altro Paese che stabilisse una base sul suo territorio e che non rappresentasse una minaccia per la sicurezza nazionale del Sudan.

“Come primo passo, se un Paese vuole aprire una base ed è nel nostro interesse e non minaccia la nostra sicurezza nazionale, non abbiamo problemi a trattare con nessuno, russo o meno”, aveva spiegato quell’anno il Generale Muḥammad Dagalo a Kharṭūm.

Kharṭūm

Il Presidente del Consiglio Sovrano del Sudan, ʿAbd al-Fattāḥ ʿAbd ar-Raḥmān al-Burhān, ha sospeso una serie di disposizioni della Dichiarazione Costituzionale, che fissa le cornici del periodo di transizione dopo la caduta del Presidente ‘Omar el-Bashir (che aveva governato il Paese per 30 anni) e determina i rapporti tra autorità militari e civili, ma ha inflessibilmente promesso che le prossime elezioni politiche saranno predisposte per luglio 2023.

ʿAbd al-Fattāḥ al-Burhān, comunque, si pone il compito primario di risolvere lo stallo tra forze politiche ed esercito e riformulare la Dichiarazione verso il passaggio al governo civile e le elezioni politiche. Rimane [il dubbio, N.d.T.] se l’Amministrazione militare provvisoria mantenga mai la sua promessa al popolo e al mondo.

L’Unione Africana (l’organizzazione continentale) e la Comunità dell’Africa Orientale (EAC) hanno espresso grande interesse per il ritorno del Sudan al governo civile eletto democraticamente. Questa posizione è stata in gran parte ritenuta inaccettabile dal governo militare del Sudan e persino dalle autorità russe. I Russi interpretano qualsiasi discorso sulla democrazia come “interferenza diretta” negli affari interni del Paese africano.

In tutti i suoi discorsi durante la sua visita in Sudan, Lavrov ha ripetutamente affermato che la Russia favorisce la “non interferenza” negli affari interni del Sudan e ha accusato gli Stati Uniti e l’Europa di adottare approcci e metodi coloniali in Africa. Inoltre, Mikhail Bogdanov, inviato presidenziale speciale russo per il Medio Oriente [e Vice Ministro degli Esteri, N.d.T.] e Marija Zakharova, portavoce del Ministero [degli Esteri, N.d.T.], hanno considerato senza riserve come “inaccettabile” l’intervento straniero negli affari interni del Sudan e dell’Africa, sempre demonizzando i principi della democrazia moderna.

Amina Mohammed, Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha ribadito che i leader africani devono affrontare lo sviluppo sostenibile come uno dei passi verso la risoluzione dei conflitti. In questo periodo contemporaneo, il Sudan, come molti Paesi africani, ha un disperato bisogno di sviluppo, in particolare costruendo infrastrutture, modernizzando l’agricoltura (produzione alimentare su larga scala) e aggiungendo valore ai prodotti (industrializzazione), rafforzando le istituzioni sanitarie, migliorando l’istruzione e impegnandosi nei settori della creazione di occupazione. Pertanto, i potenziali investitori esterni devono logicamente realizzarli per il Sudan.

Inoltre, la retorica non solo è inefficace in termini di risoluzione dei conflitti, ma può anche, di fatto, aggravare le tensioni e la violenza. Invece, i leader africani richiedono politiche globali orientate allo sviluppo combinate con il buon governo. Queste sono almeno la soluzione migliore per ridurre al minimo i conflitti sociali e le disparità economiche, in ultima analisi, per garantire la pace e l’armonia a lungo termine nel continente.

Amina Mohammed ha impegnato i leader africani verso un approccio ad hoc ai problemi di sviluppo del continente, il più delle volte relegati in secondo piano. Ha indicato esplicitamente il colpo di stato militare in Sudan, il perdurare del conflitto nella regione del Tigray, nell’Etiopia settentrionale, e le persistenti minacce di terrorismo e di estremismo violento. Secondo le sue osservazioni, c’è stato “un aumento delle prese di potere con la forza” e “una proliferazione di milizie” in tutta l’Africa.

Amina Mohammed ha affermato che, nonostante questi “sviluppi preoccupanti” in atto in Africa, gli Africani continuano a lavorare incessantemente per un continente prospero, sostenibile e pacifico, basato sui principi universali dei diritti umani, come testimoniato dalla crescente cooperazione tra le Nazioni Unite, l’Unione Africana e organizzazioni sub-regionali in materia di sviluppo sostenibile, elezioni e processi di pace.

Mūsā Fakī Mahamat, Presidente della Commissione dell’Unione Africana, ha espresso profonda costernazione per l’attuale situazione in Sudan. Fakī Mahamat ha chiesto l’immediata ripresa delle consultazioni tra civili e militari nel quadro della dichiarazione politica e del Decreto Costituzionale. Tuttavia, ribadisce che il dialogo e il consenso sono l’unica via importante per salvare il Paese e la sua transizione democratica e ha inoltre chiesto il necessario e rigoroso rispetto dei diritti umani. Ma alla fine, il Sudan è stato sospeso dall’Unione Africana.

Come sempre sbandierato, la percezione globale è che l’Africa rimanga una delle regioni meno sviluppate del mondo, infestata da ogni tipo di conflitto e da una povertà profonda, nonostante le sue enormi risorse. In conclusione, e in particolare per questo argomento, la risoluzione dei conflitti deve essere vista inestricabilmente incorporata nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo. C’è un modo più sicuro per le soluzioni africane ai problemi africani: i leader africani devono necessariamente decidere di “concentrarsi sullo sviluppo sostenibile” ed essere al passo con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile [adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, N.d.T.] e l’Agenda 2063 dell’Unione Africana.

 

* Kester Kenn Klomegah è ricercatore indipendente e consulente politico per gli affari africani per conto della Federazione Russa e dell’Unione Eurasiatica. Attualmente Klomegah è Rappresentante Speciale per l’Africa nel Consiglio Russo per il Commercio e lo Sviluppo Economico. Ama viaggiare e visitare i luoghi storici dell’Europa Centrale e Orientale. Klomegah è un frequente e appassionato collaboratore di Eurasia Review.

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