Repubblica Centrafricana – Le radici della violenza

Libera traduzione da: International Crisis Group, Nairobi/Brussels, 21 September 2015

SINTESI E RACCOMANDAZIONI

La crisi nella Repubblica Centrafricana (RCA) è di lunga durata e caratterizzata da sporadiche ondate di violenza in un contesto di disgregazione dello Stato, un’economia di sopravvivenza e profonde divisioni interetniche. I gruppi armati (tra cui l’anti-Balaka e l’ex Séléka) si stanno frammentando e diventano sempre più criminalizzati; tensioni tra le comunità hanno ostacolato gli sforzi per promuovere l’unità nazionale della RCA e ricucire il tessuto sociale. Purtroppo, la tabella di marcia per uscire dalla crisi, che comprende le elezioni prima della fine del 2015, presenta una soluzione a breve termine. Per evitare di perseguire una strategia che semplicemente rimanderebbe l’esame di problematiche serie fino a dopo le elezioni, le autorità di transizione della RCA e i partner internazionali dovrebbero affrontarli ora, attuando una politica di disarmo complessiva e ribadendo che i Musulmani appartengono alla Nazione. Se ciò non avvenisse, le elezioni rischiano di diventare un gioco a somma zero.

In virtù della sua geografia e storia, la RCA si trova all’incrocio tra due regioni e due popoli: al nord il Sahel, con le sue comunità pastorali e di commercianti a maggioranza musulmana, e nel sud l’Africa Centrale, con le sue comunità della savana, inizialmente animista, ma ora a maggioranza cristiana. La presa del potere Séléka [la Coalizione, in lingua Sängö, ufficialmente dissolta a gennaio 2014, N.d.T.] a marzo 2013 ha segnato un’inversione fondamentale nel tradizionale panorama politico della RCA. Per la prima volta dall’indipendenza, una forza derivante dalla popolazione musulmana del nord e dell’est del Paese deteneva le redini del potere. Gli scontri conseguenti tra Séléka e le forze anti-Balaka [milizie cristiane e animiste, N.d.T.] hanno generato forti tensioni fra comunità, che sono state esacerbate dalla strumentalizzazione della religione, da fratture sociali e paure collettive, facendo rivivere ricordi traumatici del periodo pre-coloniale del commercio di schiavi.

Queste tensioni, culminate nell’uccisione e dislocazione dei Musulmani dall’ovest, sono ancora molto elevate nel centro del Paese, la linea del fronte tra gruppi armati. Il conflitto tra anti-Balaka ed ex-Séléka è quindi ora aggravato da un conflitto tra comunità armate. Nelle aree con frequenti scontri fra comunità il legame tra i gruppi armati e le comunità è forte: i combattenti ex-Séléka sono visti come i protettori dei Musulmani e i combattenti anti-Balaka come i difensori delle comunità cristiane. Per contro, le comunità in altre parti del Paese stanno mantenendo le distanze dai gruppi armati.

L’attuale approccio al disarmo, che è stato formalizzato con l’accordo firmato al Forum di Bangui lo scorso maggio, sottovaluta sia l’ampiezza del conflitto, ormai tra comunità, sia la criminalizzazione e la frammentazione dei gruppi armati. Nella RCA occidentale, in seguito al ritiro dei combattenti ex-Séléka e all’esodo delle comunità musulmane della regione, i gruppi locali armati non organizzati militarmente e politicamente, noti come anti-Balaka, hanno cominciato a depredare le comunità locali. La coalizione Séléka, a sua volta, si è frantumata in diversi movimenti, per rivalità sulla leadership, beghe finanziarie e disaccordi su strategie da adottare nei confronti delle autorità di transizione e le forze internazionali. La frammentazione e la criminalizzazione dei gruppi armati della RCA rendono molto più difficile il negoziato.

In questo contesto, l’affrettata organizzazione delle elezioni rischia di esacerbare le tensioni esistenti fra le comunità, annullando gli indispensabili sforzi di ricostruzione del Paese e posticipando indefinitamente la risoluzione di questioni cruciali, come il disarmo delle milizie e delle comunità.

Le questioni in sospeso che dovranno affrontare le autorità di transizione della RCA e i partner internazionali richiedono la sostituzione del programma di disarmo attuale con una politica complessiva che coinvolga non solo i miliziani, ma anche le comunità, e che comprenda reali opportunità e sanzioni efficaci. Questo significa mantenere la capacità di frenare i gruppi armati – in altre parole, tra le altre misure, di rivalutare il previsto programma di ritiro delle forze francesi Sangaris [l’operazione militare francese condotta nel Paese dal 5 dicembre 2013, N.d.T.] e di ridurre le capacità di finanziamento dei gruppi armati. Questo ridurrebbe il fascino esercitato dall’economia delle milizie sulla gioventù della RCA.

È inoltre indispensabile evitare che il processo elettorale aggiunga benzina sul fuoco. Per fare ciò, le autorità transitorie dovrebbero ribadire la parità dei diritti dei Musulmani, registrarli per portarli al voto, dimostrare l’interesse del governo per le popolazioni del nord-est e diversificare le assunzioni nel servizio pubblico. I partner internazionali e le autorità di transizione del Paese concentrano troppo l’attenzione sul processo elettorale in modo isolato rispetto ad altri temi: dovrebbero dare priorità a questi temi nella loro strategia di risoluzione dei conflitti, visto che le elezioni da sole cambieranno molto poco in un Paese che oggi ha smesso di funzionare come Stato.

RACCOMANDAZIONI

Per iniziare il processo di disarmo dei combattenti e delle comunità armate prima delle elezioni

Al Governo della Repubblica Centrafricana (RCA), alle Nazioni Unite e ai donatori della RCA:

1. Attuare una politica di disarmo che offra opportunità di reinserimento efficaci e sostenibili attraverso le seguenti azioni:

  1. Finanziare ed estendere progetti di opere pubbliche ad alta intensità di manodopera e integrare questi progetti con programmi di formazione professionale;
  2. Collegare programmi di disarmo, smobilitazione e reintegrazione (DSR) e programmi di riduzione della violenza comunitaria ai progetti per la ricostruzione e sviluppo della Banca Mondiale e dell’Unione Europea;
  3. Sostenere la creazione di posti di lavoro o di tirocinio con l’Associazione Imprenditoriale inter-professionale della Repubblica Centrafricana per i giovani che hanno partecipato ai programmi di formazione.

2. Rendere i DSR credibili:

  1. Aprendo i DSR ai combattenti di gruppi armati non aderenti, elaborando politiche rigorose per quanto riguarda la consegna di armi da guerra funzionanti, come condizione per accedere al programma, e organizzando brevi fasi di acquartieramento senza distribuzione di liquidità durante la smobilitazione;
  2. Affidando l’esecuzione finanziaria del programma DSR ai partner internazionali, anziché al governo della RCA.

Al MINUSCA e alla Francia:

3. Riprendere il controllo dei principali siti di produzione di oro e diamanti, schierando forze internazionali e dipendenti pubblici della RCA, e rilanciare il sistema Kimberley di certificazione del processo per i diamanti provenienti da queste aree controllate. Un’unità investigativa mirata al traffico di diamanti, oro e avorio, così come al bracconaggio militarizzato, dovrebbe anche essere integrata nel MINUSCA [Mission multidimensionnelle intégrée des Nations unies pour la stabilisation en Centrafrique, N.d.T.].

4. Rivedere la data di partenza dell’operazione francese Sangaris, al fine di mantenere la capacità di pressione militare per indurre i gruppi armati a deporre le armi.

5. Arrestare quei leader delle milizie che rifiutano di disarmare.

Alle autorità di transizione della RCA:

6. Nel quadro del prossimo referendum costituzionale, includere un quesito riguardante se ai leader dei gruppi armati dovrebbe essere consentito o meno di entrare nel pubblico impiego e di partecipare alle prossime elezioni.

Alle Nazioni Unite, ai donatori della RCA e alle autorità di transizione della RCA:

7. Garantire le comunità e procedere al loro disarmo:

  1. Assicurare che la selezione e la formazione delle future forze di sicurezza rifletta la diversità delle comunità;
  2. Disporre la gendarmeria e i reparti professionali di polizia rappresentativi di diverse comunità in aree dove le tensioni fra le comunità rimangono alte;
  3. Aumentare la capacità di gestione della folla da parte di MINUSCA nelle città dove le tensioni fra le comunità sono alte, al fine di evitare l’escalation di proteste popolari;
  4. Identificare opinionisti di comunità e creare campagne di sensibilizzazione per il disarmo delle comunità.

Per ridurre il divario fra comunità prima delle elezioni

Alle autorità di transizione:

8. Colmare il divario di rappresentanza delle minoranze musulmane, diversificando le assunzioni nella pubblica amministrazione su base geografica e di comunità, ma rifiutare le politiche delle quote religiose.

9. Ristabilire il dialogo con le popolazioni del nord-est del Paese, moltiplicando le visite di funzionari governativi in questa regione e organizzando lì simbolicamente la prossima celebrazione della Festa Nazionale il 1° dicembre.

All’Autorità Nazionale per le Elezioni e all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati:

10. Promuovere elezioni inclusive, garantendo che i Musulmani della RCA che vivono nei campi profughi siano registrati al voto e che la procedura di registrazione sia monitorata da organizzazioni della società civile e dai partiti politici.

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